Il sito sentenzeparita.ch riunisce le sentenze del Tribunale federale e dei Tribunali del Canton Ticino in materia di parità uomo-donna in ambito lavorativo, con un riassunto in italiano, il link alla sentenza, suddivise per ambito di discriminazione e con la possibilità di ricerca sia per parole chiavi che libera.
Quest’anno vi è stata una sentenza in particolare pubblicata nella raccolta ufficiale, che ha chiarito una questione discussa in dottrina, e cioè se la Legge federale sulla parità dei sessi si applichi a tutte le situazioni che si scostano dagli stereotipi di genere, e quindi in particolare anche a situazioni di discriminazione dovute all’orientamento sessuale. Il Tribunale federale, con sentenza 145 II 153 del 5.4.2019, ha confermato una sentenza del Tribunale amministrativo federale secondo cui ciò non è il caso:
DTF 145 II 153 (8C_594/2018) del 05.04.2019 – ricorso di diritto pubblico
La discriminazione dovuta al sesso secondo la LPar non si riferisce a persone omosessuali in quanto tali, salvo nel caso in cui venissero trattate diversamente a dipendenza se uomo o donna. In altre parole, secondo il Tribunale federale – fondamentalmente –la LPar non si applica a casi di non-conformità ai ruoli di genere rispettivamente a discriminazioni a causa della sessualità piuttosto che del sesso.
La discriminazione cui possono essere esposte le persone omosessuali tocca sia donne che uomini, per cui non rientra nel campo di applicazione della LPar, ma casomai nel campo di applicazione delle norme sulla protezione della personalità (art. 328 CO, 28 CC, 8 cpv. 2 Cost – modo di vita).
Vi sono poi state alcune sentenze in materia di molestie sessuali, non tutte con esito favorevole:
DTF 4A_18/2018 del 22.11.2018 – ricorso in materia civile
In seguito ad una ristrutturazione, una contabile è stata licenziata per prestazioni insufficienti. A sua difesa aveva riferito di comportamenti aggressivi, ostili e umilianti da parte del nuovo direttore, che l’aveva tacciata anche di “Mistinguett”. L’uso di questo nomignolo fu l’unico tra i comportamenti inadeguati del direttore che la contabile era riuscita a provare. Jeanne Florentine Bourgeois, detta Mistinguett, vissuta dal 1875 al 1956, aveva acquisito fama nei cabaret della Belle Epoque (Moulin-Rouge, Folies-Bergères, Casino de Paris), distinguendosi per il suo spirito e la sua grazia. Certamente il direttore non aveva usato questo nomignolo per esprimere ammirazione nei confronti della contabile. Ma questa mancanza di cultura, secondo il TF, è casomai pregiudizievole ad egli stesso e non configura molestia sessuale (consid. 3.4).
DTF 4A_544/2018 del 29.08.2019 – ricorso in materia civile
In questo caso invece all’interessata è stata riconosciuta un’indennità pari a 4 salari medi svizzeri (art. 5 cpv. 3 LPar): l’art. 328 cpv. 1 CO impone al datore di lavoro di vigilare affinché il lavoratore/lavoratrice non subisca molestie sessuali e se fosse vittima di tali molestie, non subisca ulteriori svantaggi. La sentenza ha permesso al TF – tra le altre cose – di precisare che un conto è esprimere ad una subordinata i propri sentimenti. Tutt’altra cosa invece è l’esercizio di pressioni per indurla ad allacciare una relazione intima. Inoltre, poco importa che i messaggi in quanto tali non avessero di per sé una connotazione sessuale se il contesto in cui sono stati scambiati è sufficientemente chiaro.
DTF 6B_1202/2018 dell’11.01.2019 – ricorso in materia penale
Anche questa sentenza si riferisce, seppur indirettamente, alle molestie sessuali secondo l’art. 4 LPar. Un venditore, licenziato per comportamento inappropriato e prestazioni insufficienti, aveva querelato una collega e la superiora gerarchica per diffamazione rispettivamente calunnia (art. 173 e 174 CPS). Avevano riferito di suoi comportamenti inopportuni sia nei confronti della collega che di alcune clienti, cui aveva fatto delle avances. Il Tribunale federale reputa che le segnalazioni non fossero sufficienti per esporre l’interessato a disprezzo in quanto uomo, né egli è stato presentato come persona spregevole. Di conseguenza, viene confermata la decisione di non luogo a procedere emessa dal Ministero pubblico.
Una sentenza ha mostrato le conseguenze dell’abolizione degli aiuti finanziari secondo l’art. 15a LPar a favore della consulenza e dell’informazione della donna nella vita professionale (v. DTAF B-2184/2017, B-2387/2017, B-2476/2017, B-2603/2017 del 7 febbraio 2018 e relativo comunicato stampa: bvger.ch):
DTF 8C_448/2018 del 30.09.2019 – ricorso di diritto pubblico
Quale conseguenza di tale decisione, presa dall’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo nel 2016, alcuni consultori il cui finanziamento non è stato garantito altrimenti (in particolare: dai Cantoni), hanno dovuto chiudere. La sentenza in oggetto riguarda la ex direttrice di un consultorio romando cui sono state negate le indennità di disoccupazione perché si trovava in una posizione analoga a quella di un datore di lavoro (che non ha diritto all’indennità per lavoro ridotto). Aveva cercato di portare avanti l’attività del consultorio in proprio, ma – mancando i sussidi – a tempo parziale.
DTF 8C_469/2019 del 30.10.2019 – ricorso di diritto pubblico
Questa sentenza concerne il caso di una psicologa del Canton Zugo licenziata per violazione degli obblighi di servizio (ritardi nel trattamento dei casi assegnati, mancanza di autocritica, misconoscimento del potere direttivo della superiora gerarchica, ecc.). A sua difesa aveva – tre le altre cose – chiesto di paragonare le proprie prestazioni con quelle dei colleghi. Ma secondo il Tribunale federale, se vi è una violazione di obblighi di servizio nel caso concreto, la disdetta è ad ogni modo giustificata. Inoltre, il TF ha accertato che il periodo di protezione per maternità, parto e allattamento di cui all’art. 35 della Legge sul lavoro durante il quale al datore di lavoro incombe un obbligo accresciuto di protezione della salute della lavoratrice si estende per al massimo un anno dal momento del parto. I rimproveri nei confronti della psicologa riguardavano il periodo successivo.
Capita anche che datori di lavoro o ricorrenti si riferiscano alla LPar in tutt’altri contesti:
DTF 4A_173/2018 e 4A_179/2018 del 29.01.2019 – ricorso in materia civile
In un caso di licenziamento ingiustificato con effetto immediato, la datrice di lavoro era stata condannata al versamento di un’indennità di sei mensilità. Visto che il licenziato era un alto dirigente, un bell’importo (fr. 299’742.00). La datrice di lavoro ha cercato invano di far valere che il concetto di salario medio/mediano svizzero su cui si basa l’indennità in caso di molestie sessuali (art. 5 cpv. 3 LPar) andasse applicato anche al “salario del lavoratore” di cui all’art. 337c cpv. 3 CO. Quest’ultimo é commisurato al salario effettivo percepito prima del licenziamento.
Nel periodo in discussione non risultano essere pubblicate sentenze ticinesi.
Colgo quindi l’occasione per ricordarvi nuovamente la CEDAW, la Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione nei confronti della donna, che al momento sembra essere – accanto alla Convenzione di Istanbul (Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica) – lo strumento di maggiore aiuto per promuovere la parità. Precisa e concretizza in particolare la costituzione federale e può essere uno strumento fecondo non solo a livello giuridico, ma anche politico. Testimone ne sia quanto riportato nella Newsletter Gender Law 2019#4 del FRI (genderlaw.ch) dedicata – con contributi anche in italiano – alla CEDAW in occasione dei 40 anni dalla sua adozione.