DTF 4A_537/2021 del 18.01.2022 – ricorso in materia civile

Art. 3, 5 e 6 LPar, art. 41 CO – licenziamento di una aiuto infermiera al rientro dal congedo maternità – si presume disdetta abusiva, ma il datore di lavoro ha portato la prova che la disdetta non è legata alla gravidanza

Fatti

Si tratta di una aiuto infermiera impiegata all’80% dal 1. gennaio 2017. Alla scadenza del periodo di prova viene confermata l’assunzione con contratto di durata indeterminata. Il 13 giugno 2017, l’interessata annuncia di essere incinta. In seguito a complicazioni nel quadro della gravidanza rimane inabile al lavoro frequentemente e poi completamente a partire dal 20 luglio 2017. Il 16 aprile 2018, al rientro dal congedo maternità, il datore di lavoro disdice il contratto di lavoro nel rispetto dei termini di disdetta.
La dipendente si oppone alla disdetta, ritenendola discriminatoria.

La datrice di lavoro fa valere che vi erano già state delle tensioni con una collega durante il periodo di prova e che vi era stato un nuovo episodio il giorno prima dell’annuncio della gravidanza. Ciò considerato e viste le successive assenze non era in quel momento stato organizzato un incontro.

Decisione di prima e seconda istanza

Il Tribunale di prima istanza accoglie le richieste dell’interessata limitatamente a CHF 2’004.15 per vacanze non prese ma respinge la richiesta di un’indennità per licenziamento abusivo.

Il Tribunale d’appello del Canton Vaud respinge l’appello presentato dalla dipendente dando per provato che non era riuscita ad integrarsi nell’equipe, aveva difficoltà ad accettare delle critiche e il suo impegno era considerevolmente diminuito dopo il perodo di prova. Il motivo del licenziamento era quindi dato già prima dell’annuncio della gravidanza, semplicemente la datrice di lavoro non aveva fatto in tempo a dare la disdetta.

La dipendente ricorre al Tribunale federale, mantenendo la richiesta di versamento di CHF 13’866.65 pari a 4 mensilità e altri importi minori in modo particolare per spese d’avvocato.

Decisione del TF

Giusta l’art. 3 Lpar, nei rapporti di lavoro, uomini e donne non devono essere pregiudicati né direttamente né indirettamente a causa del loro sesso, segnatamente con riferimento allo stato civile, alla situazione familiare o a una gravidanza (cpv. 1). Il divieto si applica in particolare al licenziamento (cpv. 2).
Secondo l’art. 6 Lpar, si presume l’esistenza di una discriminazione per quanto la persona interessata la renda verosimile. Questa disposizione utilizza due istituti indipendenti tra di loro: la presunzione di fatto e il grado di prova.
Per quanto riguarda il grado di prova, è sufficiente che la discriminazione sia resa verosimile. Si tratta quindi di un alleviamento dell’onere della prova rispetto al principio generale dell’articolo 8 CC. Il giudice usa la presunzione di fatto, nel senso che da indizi oggettivi deduce la discriminazione. Resa verosimile la discriminazione, spetta al datore di lavoro portare la prova stretta del contrario.
Il datore di lavoro deve quindi provare che la disdetta sarebbe stata data anche se la dipendente non fosse stata incinta.
(Consid. 4.1., conferma della giurisprudenza)

Nel caso concreto, la discriminazione è resa verosimile (disdetta il giorno del rientro dal congedo maternità ed ulteriori elementi). Spetta quindi al datore di lavoro portare la prova del contrario.
(consid. 4.2 e 4.3).

Anche se considera confuse le argomentazioni dell’istanza inferiore, il TF non ritiene arbitario considerare provato che la disdetta non è stata data in relazione alla gravidanza, ma a causa di alcune manchevolezze quali la diminuzione dell’impegno dopo il periodo di prova, le difficoltà ad accettare critiche e di voler imporre il proprio punto di vista, la mancata integrazione nel team. L’assenza di una politica discriminatoria in seno all’impresa (la discriminazione comunque non presuppone intenzionalità) è solo un ulteriore fattore.
(consid. 5).

La ricorrente, al beneficio dell’assistenza giudiziaria nella procedura di prima e seconda istanza, fa inoltre valere spese d’avvocato preprocessuali non coperte dall’assistenza giudiziaria. Non è riuscita a provare che si tratta di spese giustificate, necessarie, adeguate e non coperte da eventuali ripetibili. Il TF respinge inoltre la domanda di assistenza giudiziaria per la procedura davanti al TF poiché il ricorso sarebbe stato sin dall’inizio privo di possibilità di successo.
(consid. 6 e 7).

Il ricorso è quindi respinto, le spese giudiziarie a carico della ricorrente fissate in CHF 600.00.

Pubblicazione della sentenza nel sito del Tribunale federale amministrativo (www.bger.ch)

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