Art. 5 cpv. 3 LPar, 328 e 336a CO – indennità per molestie sessuali e disdetta abusiva – Cassiera-cameriera
Riassunto breve
La Legge federale sulla parità dei sessi si rivolge non all’autore delle molestie sessuali, bensì al datore di lavoro. La conoscenza da parte di un quadro può essere imputata al datore di lavoro.
Fatti
La cassiera-cameriera di un Ristorante-Ostello denuncia delle angherie e molestie subite da parte del cuoco. La gerente, amica del cuoco, non interviene in modo appropriato, né lo fa la datrice di lavoro, che successivamente procede al licenziamento della cassiera-cameriera.
Richieste
L’attrice aveva chiesto complessivi CHF 30’000.00, di cui 24’756.00 a titolo di riparazione morale e indennità ex art. 5 cpv. 3 LPar e il restante importo quale indennità per disdetta abusiva ex art. 336a cpv. 1 CO.
La Pretura le riconosce CHF 19’506.00 quale indennità per le molestie subite (importo corrispondente a tre mensilità del salario medio svizzero, ammontante nel 2016 a CHF 6’502.00) e CHF 10’500.00 (pari a tre mensilità dell’ultimo salario effettivo) a titolo di disdetta abusiva, oltre interessi di mora del 5% a partire dal giorno di emissione della sentenza.
La datrice di lavoro si oppone alla sentenza pretorile mediante appello al Tribunale d’appello cantonale (Ticino).
Considerazioni del Tribunale d’appello
Questioni d’ordine: consid. 1-2.
Vizio di procedura (mancata citazione all’udienza di audizione testimoni): “la parte che constata l’esistenza di un vizio di procedura è tenuta a segnalarlo immediatamente, quando ancora vi sono possibilità di trovare dei correttivi. Se per contro essa attende l’esito della vertenza, per poi sollevarlo se questo è risultato sfavorevole, commette un abuso di diritto.” (consid. 3-5)
Molestie: Le molestie in sé a questo stadio della procedura non sono più contestate. Sono state reiterate nel tempo e oltre alle molestie fisiche e verbali a sfondo sessuale, l’attrice ha subito soprusi e vessazioni sul piano sia lavorativo che personale, che si sono addirittura intensificate dopo la segnalazione del giugno 2015.
Responsabilità della datrice di lavoro, principi:
– la LPar si rivolge non all’autore delle molestie sessuali, bensì al datore di lavoro;
– il datore di lavoro deve adottare misure ragionevolmente esigibili a titolo preventivo, e meglio stabilendo una struttura e un contesto lavorativo tali da scoraggiare e prevenire gli abusi
– il datore di lavoro deve essere a conoscenza delle molestie perpetrate;
– la conoscenza da parte di un quadro può, tenuto conto delle circostanze, essergli imputata.
Oltre all’indennità ex art. 5 cpv. 3 LPar, può essere riconosciuta un’indennità per torto morale giusta gli art. 47/49 CO, ma “solo se l’indennità ex art. 5 cpv. 3 LPar non può o non basta a coprire il suo pregiudizio”. Ad ogni modo, l’indennità ex art. 5 cpv. 3 LPar è cumulabile con quella prevista dall’art. 336a CO (disdetta abusiva) (consid. 8).
In concreto quindi non è rilevante (consid. 9):
– che autore delle molestie fosse il cuoco e non la datrice di lavoro (rispettivamente un suo organo),
– se sia stata o meno sporta denuncia nei confronti dell’autore delle molestie;
– l’inquadramento formale del cuoco (dipendente o indipendente, dato che è pacifico che fosse un membro dello staff che collaborava e coordinava il personale del ristorante);
– se l’autore delle molestie fosse o meno remunerato dalla società;
– che la gestione del personale fosse stata delegata alla gerente e direttrice, organo della società;
– che la segnalazione al CdA della datrice di lavoro è avvenuta solo in un secondo tempo.
La gerente è stata messa al corrente delle molestie ma è stata incapace di gestire la situazione anche a fronte del suo legame di lunga data con l’autore degli abusi. Dopo un colloquio con l’autore delle molestie e le vittime, si è limitata a invitare queste ultime ad avere comprensione e pazienza nei confronti del cuoco. Anche il Consiglio di amministrazione, messo formalmente al corrente in un secondo momento, ha concluso di non poter dirimere la vicenda e non ha intrapreso alcunché in favore della dipendente in vista dell’inizio della nuova stagione di attività. Ha preferito licenziarla. (consid. 10)
Quanto all’abusività del licenziamento, le presunte carenze delle prestazioni dell’attrice costituiscono un fatto nuovo mai fatto valere prima, la censura è quindi tardiva (consid. 12).
L’asserita ristrutturazione è invece in contrasto con il contenuto della lettera di disdetta (che indicava quale motivo il venir meno del rapporto di fiducia) e con il fatto che autore delle molestie e direttrice avessero cessato loro stessi l’attività, mesi dopo (consid. 13).
La disdetta rimane quindi abusiva in quanto di ritorsione.
L’appello presentato dalla datrice di lavoro è pertanto respinto.
Accesso diritto alla sentenza (sentenze.ti.ch)