DTF 8C_126/2023 del 04.09.2023 – ricorso di diritto pubblico

Art.4 LPar – funzionario presso il Servizio di protezione degli adulti Ginevra – licenziamento disciplinare giustificato da violazione dell’art. 4 LPar e di altri obblighi di servizio

I fatti

Dal 2014, il ricorrente era collaboratore incaricato della gestione di dossiers presso il servizio di protezione degli adulti del Canton Ginevra, dove ottenne sempre valutazioni molto buone. Il 1. aprile 2019 venne promosso a capo di un settore con 15 subordinati, con un periodo di prova di 24 mesi.
Il 12 novembre 2020, una delegazione di dipendenti informò il direttore del servizio di svariate problematiche in relazione alla gestione dei dossiers e alla comunicazione con l’utenza, alle relazioni con i collaboratori e in particolare con le collaboratrici e all’organizzazione e alla gestione del servizio.

Il Consiglio di Stato dapprima sospese e poi retrocesse il funzionario e aprì un’inchiesta amministrativa. Inchiesta che concluse che il dipendente avesse violato i doveri di servizio in modo importante vista la natura, la persistenza e la ripetizione delle violazioni, che riguardavano la gestione degli incarti di sette persone sotto protezione, le relazioni con le subordinate in violazione della LPar e incompatibili con la funzione di superiore gerarchico nonché l’organizzazione e la gestione del settore di cui era a capo.

Richieste e procedura precedente

Il Tribunale amministrativo cantonale respinge il ricorso contro la destituzione.

Richieste davanti al TF

Il ricorrente chiede la reintegrazione nella funzione di caposettore, in subordine in una funzione equivalente, in subordine in una funzione inferiore.

Le motivazioni del Tribunale federale

Il Tribunale federale conferma la sentenza cantonale e ritiene proporzionale la destituzione, considerata la gravità dei fatti. Una retrocessione quale misura meno incisiva non entrava in considerazione, dato che le violazioni dei doveri di servizio non erano legate esclusivamente alla funzione di superiore gerarchico, ma inaccettabili per qualunque dipendente.
La sanzione non è neppure sproporzionata pur tenendo conto del disfunzionamento del servizio, della mancanza di risorse e del sovraccarico di lavoro, ritenuto che talune carenze non erano in alcun rapporto con tali circostanze.

Ci limitiamo qui alle violazioni dei doveri di servizio in relazione all’art. 4 LPar – divieto di discriminazione in caso di molestia sessuale (a tale riguarda si veda anche DTF 8C_74/2019 del 21.10.2020). Al considerando 4.1.2. vengono descritti gli atti ritenuti in tale contesto (tradotto dal francese):

“In particolare, dal rapporto d’inchiesta è emerso che, nel corso di uno scambio di battute con una dipendente a proposito di una penna, aveva fatto una battuta che era stata percepita da quest’ultima come un’allusione sessuale; aveva fatto osservazioni alle dipendenti in relazione al loro aspetto fisico, sulla loro somiglianza con una modella, sulla loro magrezza, sulla loro bellezza, sul fatto che fossero “carine oggi” o che si presentassero bene, sulla loro biondezza o sul fatto che usassero il loro fascino per ottenere qualcosa, osservazioni che avevano messo a disagio le destinatarie; ha chiesto a una collaboratrice se rimorchiava i suoi interlocutori o cosa faceva per ammaliare le persone; ha chiesto a una collaboratrice con chi passava le serate, chi le pagava le cene, con chi viveva o chi condivideva il suo letto; ha detto a una collaboratrice di non “fare stupidate” con un uomo di cui era curatrice; ha guardato la scollatura o altre parti del corpo delle collaboratrici; ha detto a una collaboratrice che gli faceva venire voglia di avere un’amante.
Sebbene il ricorrente avesse contestato di aver fatto commenti discriminatori sulle sue subordinate, o almeno di non essere stato consapevole della loro portata, le prove raccolte a questo proposito sono coerenti e non rivelano una battuta isolata che poteva essere sfuggita inavvertitamente al suo autore, ma una modalità di espressione ricorrente. Anche ammettendo che il ricorrente non avesse voluto importunare o che i suoi commenti o comportamenti fossero avvenuti in un contesto paternalistico o umoristico, resta il fatto che fossero sgradite alle destinatarie”
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Pubblicazione della sentenza sul sito del Tribunale federale (bger.ch)

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