DTF 4A_344/2022 del 15.05.2023– ricorso in materia civile

Art. 3, 5, 6 LPar– specialista in comunicazione digitale – discriminazione salariale con collega specialista media digitali negata in base alla rilevazione svizzera della struttura dei salari (RSS) quale fatto notorio

Fatti

La datrice di lavoro è un’azienda attiva nel settore della fornitura e distribuzione di energia con ca. 350 dipendenti, di cui il 20% donne. Ha aderito a un contratto collettivo di lavoro e dispone di una certificazione per il rispetto della parità salariale (Logib).

La ricorrente è stata assunta quale specialista di comunicazione digitale collocata in classe 4. Dispone di un bachelor in giornalismo, sociologia e storia e di un master in scienze sociali, sociologia della comunicazione e della cultura. Ha seguito una formazione continua, esperienza in diversi impieghi, conosce diverse lingue, conosce programmi informatici specifici.

Il collega è stato assunto quale specialista di media digitali inserito in classe salariale 3 e pertanto con uno stipendio superiore di 658.00/mese.

Decisione di prima e seconda istanza

La ricorrente fa valere discriminazione salariale e chiede in particolare il versamento della differenza salariale per la durata dell’impiego.
Richieste respinte perché non si tratta dello stesso lavoro e le differenze salariali sono oggettive: lo dimostra la RSS.

Decisione del TF

L’esistenza della discriminazione era stata resa verosimile (consid. 3.2 e 4): Nel reparto in cui lavorava la donna, l’unico dipendente di sesso maschile era inserito in una classe salariale superiore e titolare solo di un bachelor, mentre che la ricorrente era titolare di un master. L’onere della prova è stato quindi invertito (art. 6 LEg).

Ma:
I compiti non erano gli stessi: Il collega creava l’ambiente digitale – creazione e manutenzione del sito internet e della sua struttura ecc., lavoro precedentemente esternalizzato che aveva generato costi importanti. Si tratta quindi di un lavoro che richiede nozioni di programmazione, ossia un profilo tecnico, di informatico o ingegnere.
La ricorrente si occupava dei contenuti del sito internet, comunicati stampa ecc., ossia un lavoro di redazione, con un profilo meno tecnico e più letterario. (consid. 4).

La piramide salariale di questa impresa non dipendeva necessariamente dal livello di formazione, bensì il “valore di mercato” di ogni formazione aveva un’incidenza sulla rimunerazione. Una differenza è quindi giustificata laddove lo stesso mercato la fa. E il mercato paga effettivamente meglio una persona con una formazione tecnica rispetto a chi dispone di una formazione come quella della ricorrente (più umanistica). Lo dimostra la rilevazione svizzera della struttura dei salari RSS. (consid. 4)

Di conseguenza, è provato che vi sono motivi oggettivi che giustificano la differenza salariale.
Il TF ritiene non arbitrarie queste conclusioni dell’istanza cantonale.

I dati RSS costituiscono fatti notori che non è necessario né allegare, né provare, né occorre sentire le parti al riguardo (consid. 5.1).
Sul mercato del lavoro, le competenze tecniche sono meglio retribuite rispetto alle competenze redazionali. E’ una questione di fatto. (consid. 5.2).

La differenza del salario mediano tra le due attività in questione era inferiore al 5% considerato non significativo in ambito Logib, per cui la ricorrente fa valere trattarsi di una differenza non significativa. Il TF non segue questa argomentazione: entrambi i salari lordi mediani potrebbero essere del 5% superiori al valore RSS, per cui non è arbitrario ritenere che il salario di un ingegnere per attività di sviluppo scientifiche sia superiore a quello di una persona attiva nel servizio d’informazione.
Il TF respinge anche la critica della ricorrente per il fatto che si sarebbe dovuto fare il paragone tra i salari nella categoria “senza funzione di quadro”, dove la differenza salariale sarebbe stata a favore della ricorrente. Ma visto che il lavoro del collega in precedenza veniva svolto da ingegneri esterni all’impresa che fatturavano cifre “esorbitanti”, anche questa argomentazione viene respinta.
Anche tutte le altre argomentazioni della ricorrente rispetto alla scelta dei parametri di paragone sono respinte: la scelta dell’istanza inferiore è considerata non arbitraria (le critiche vengono esaminate e respinte singolarmente). Consid. 6)

La differenza salariale tra la ricorrente e il collega (658.00) è superiore a quella tra i salari mediani RSS presi come riferimento dall’istanza cantonale (300.00). La ricorrente fa quindi valere che ad ogni modo la differenza salariale è discriminatoria nella sua entità. Ma i compiti non sono gli stessi, né i profili, né le competenze. In queste circostanze, voler imporre al datore di lavoro di rispettare al percento preciso le differenze salariali che emergono dalle statistiche federali secondo il TF “non ha alcun senso”. Non vi è violazione del diritto federale. (consid. 7).

Il ricorso è respinto (consid. 9).

Pubblicazione della sentenza nel sito del Tribunale federale (www.bger.ch)

Riflessioni:
Se il mercato paga meglio le professioni tecniche rispetto a quelle umanistiche non è un problema di genere, ma del valore che il mercato attribuisce ai profili tecnici rispetto a quelli più umanistici. E dal costo della prestazione tecnica (in questo caso quanto precedentemente fatturato dai consulenti esterni) si conclude alla posizione professionale (quadro).
Siamo sicuri che questo non è una questione basata sul genere di chi esercita queste professioni?
E inoltre: la ricorrente ha fatto valere scelte delle categorie RSS che la svantaggiavano – è giusto limitarsi ad esaminare i singoli punti (scelta della professione, del ramo, della posizione, differenza inferiore al 5% …) senza considerarli nel loro insieme? Ossia: non vi è stata una tendenza generale a scegliere le categorie che più confermano le differenze salariali emerse nel caso concreto e che si volevano vedere come non discriminatorie?
E quanto ha influito il fatto che l’azienda, i cui dipendenti sono per l’80% uomini, si fosse stata fatta “certificare” il rispetto della parità salariale, l’azionariato fosse composto da collettività pubbliche e che nel CdA siedevano in particolare “differenti personalità politiche” per cui non si voleva accettare l’ipotesi che potesse discriminare?
Perché altrimenti parlarne nella descrizione dei fatti?

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